Albania 2014

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Dal 13 giugno al 19 giugno due componenti del Gruppo Speleologico Martinese (il sottoscritto Claudio Pastore e Pasquale Calella) hanno partecipato ad una spedizione in Albania, organizzata da Ivano Fabbri di Faenza. Dall’Italia siamo partiti in 7: Ivano Fabbri, Sasha Fabbri, Francesco Fabbri, Emanuele Piancastelli (tutti da Faenza e dintorni), Biagio da Casola Valsenio, Pasquale ed io da Martina F.

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Ad accoglierci ed accompagnarci il nostro interprete e guida Etmond (Mundi). La spedizione si è svolta nella zona delle Alpi Albanesi, con campo base a Curraj I Sipërm. Curraj I Sipërm è un villaggio ormai abitato da pochissime persone (qualche decina in estate, meno in inverno), dove l’assenza di strade ed energia elettrica rende difficoltoso viverci e raggiungerlo. Questo non ha impedito alla gente del luogo di essere ospitale ed accogliente con noi, aprendoci le loro case e mettendosi a completa disposizione per aiutarci a raggiungere il loro paesino. A guidarci nelle impervie montagne e boschi c’era Martini, pastore del luogo ed esperto conoscitore delle zone e dei luoghi più remoti delle Sue montagne. Senza di lui, e senza l’aiuto di Etmond nelle traduzioni, non avremmo potuto muovere un passo dal campo base.

Curraj I Sipërm

La spedizione aveva come obiettivo rilevare e portare avanti l’esplorazione della “Shpella e Mark”, una grotta scoperta un paio di anni fa da Ivano e gli altri sotto segnalazione di Mark, uno dei pochi abitanti rimasti a Curraj I Sipërm. Inoltre abbiamo fatto un giro alla grotta di Kakverrit, più in quota rispetto alla Shpella e Mark. Purtroppo per tutta la settimana siamo stati accompagnati da violenti temporali, che non ci concedevano più di qualche ora al giorno di tregua.

13 Giugno: Arrivati a Durazzo in traghetto da Bari, abbiamo raggiunto gli altri a Tirana che ci aspettavano lì dal giorno prima. Con due taxi siamo arrivati nei pressi della centrale idroelettrica di Lekbibaj verso le 17, lì abbiamo incontrato Martini 4 muli. Caricati i muli con il materiale abbiamo preso il sentiero che porta a Curraj, dove siamo arrivati in tarda serata dopo 4 ore di cammino. Qui ci siamo fermati a casa di Martini per la notte.

14 Giugno: ci siamo organizzati per la grotta di Mark. Dopo pranzo e dopo aver organizzato tutto il materiale da portare in grotta siamo partiti per due ore di cammino alla volta della grotta. Siamo entrati in grotta alle 15:30.

La grotta si apre su uno stretto passaggio, precedentemente allargato, che soffia un’aria terrificante (questo ingresso era stato individuato dopo la segnalazione di Mark perché un albero sopra il buco veniva smosso dal forte vento che la grotta produce!!). La cavità ha l’impressione di essere in buona parte una antica risorgenza, ora fossile, perché è praticamente quasi tutta in salita, dopodiché si intercettano i rami più giovani, approfondimenti della cavità ancora attivi. Qui si erano fermate le precedenti esplorazioni ed è partita la nostra.

Ci siamo divisi in due squadre: io e Pasquale abbiamo disceso un P90 ancora inesplorato. Ivano, Manu e Sasha sono andati sul ramo “soffiante”, poco prima del P90. Biagio ci ha aspettati in cima al pozzo.

Esplorazione P90: il pozzo è impostato su una faglia NW-SE, e lo si percorre praticamente sempre tra le due pareti che non si allontanano mai più di un metro. Ogni tanto è anche riconoscibile la breccia di faglia che a tratti lo rende leggermente instabile, ma tutto sommato il pozzo è pulito e non pericoloso per caduta massi. Alla base del P90, sempre abbastanza stretto, si intercetta un meandrino, percorso da un rivolo d’acqua (completamente assente fino a quel momento). Il meandro nella parte a monte è molto stretto, e difficilmente percorribile (di fatti non ci è stato possibile percorrerlo per più di qualche di metro), nella parte a valle invece siamo riusciti, tra una bestemmia e l’altra e tra il fango viscido, a percorrerlo per buona parte, finché siamo giunti su di un altro pezzettino di una decina di metri. Non ci è stato possibile scenderlo perché non avevamo più corde. Alla base del pozzo l’acqua si sente scrosciare in una pozza; è possibile, per mia ipotesi, che da li a poco ci sia un sifone dato la scarsezza di movimenti d’aria e la condensa che la fa da padrona. Questo è comunque da verificare nelle prossime esplorazioni.
Prima di cominciare il rilievo ci siamo concessi un tè, e tra un sorso e l’altro ci siamo accorti che dalla parte a monte del meandro sentivamo le voci degli altri, è quindi probabile che il meandro si ricongiunga con i pozzi esplorati da Ivano e gli altri.
Dal fondo del meandrino abbiamo iniziato a rilevare.
ATTENZIONE! Il pozzo è stato armato con Multimonti, che sono stati disarmati, quindi per le prossime discese si rende necessario riarmarlo!

Esplorazione sui rami “soffianti”, la via attiva (dal resoconto di Ivano sul diario di spedizione): la partenza della via si incontra prima di salire la corda fissa che porta al P90. Al momento abbiamo lasciato armato il primo pozzo, la corda è ancorata ad una clessidra, e parte inclinato fino ad incontrare il primo spit. Già sul primo chiodo si sente la presenza di acqua, che incontriamo alla base del primo pozzo. La saletta alla base del primo pozzo di presenta molto infangata e priva di concrezioni e con una direzione ben chiara.
La saletta si ridimensiona a cunicolo con alcune fessure che scendono verticali per ricollegarsi alla via dell’acqua.  L’unica via è quella alta su tutte le fessure, un passaggio di circa di 2 metri e si accede sull’imbocco di un pozzo. Qui pianto uno spit che mi permette di scendere la fessura lunga circa 3 metri, dopo la quale il pozzo si riallarga.  Dopo si frazione su una parete ben levigata. Da questo chiodo si osserva che la via appartiene ad un unico pozzo. L’acqua non è molta ma ci si bagna, nessuna concrezione, niente massi di crollo ed ambienti puliti. Si tratta di un unico grande pozzo con terrazzi che intercetta un altro grande pozzo proveniente dal lato sinistro (pensiamo sia quello sceso da Claudio e Pasquale). La discesa continua sotto forte stillicidio, arrivati a terra si fatica a trovare riparo. L’acqua entra in un passaggio che si stringe su una finestra rotondeggiante che permette di vedere che il percorso continua largo. Alla base c’è la possibilità di risalire in direzione dell’altro pozzo. Scendendo si vede una possibilità di prosecuzione che potrebbe unire questo ambiente con quello sceso da Claudio e Pasquale. La mia volontà di verificare questo è stata ostacolata da una lama di calcare molto affilata.
Questi ambienti descritti sono stati scesi con 90 metri di corda.

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Schizzi dei pozzi esplorati da Ivano e co. ma non ancora rilevati

Rilievo: al momento sono stati cartografati in pianta 243 metri ed in sezione 335 metri, a breve il rilievo completo.

16 Giugno: nonostante l’intenso temporale della notte e della mattina, abbiamo comunque deciso di partire per andare a Kakverrit intorno alle 15. Siamo arrivati sul posto dopo circa 4 ore di salita.
Kakverrit è una dolina di crollo di circa 100-110 m di diametro, con sponde alte una quarantina di metri. Su un fianco della parete si apre un grande portale, la Shpella e Kakverrit (grotta di Kakverrit). All’ingresso della grotta è presente un continuo ed abbondante stillicidio al di sotto del quale è stato allestito da pastori un trogolo in legno, sempre pieno, per poter fare scorta d’acqua.
Dal lato opposto della dolina è invece presente una pozza d’acqua sempre presente di discrete dimensioni, nel quale la biodiversità la fa da padrona, con diverse specie animali tra cui la salamandra nera alpina (Salamandra atrae) e rospi ululoni (Bombina variegata).

Grotta di Kakverrit: la grotta che si apre nell’omonima dolina, ha un ampio portale che introduce a un vasto ambiente di crollo, che continua per circa 200 m. Il fondo della via principale è un ampio ambiente infangato, che ha l’aspetto di essere un vecchio sifone. Questo ambiente probabilmente si allagava completamente, data la presenza di cupole sul soffitto. Ogni ambiente è dominato da vasti crolli, abbastanza recenti. Prima di arrivare al fondo, sulla destra si apre una condotta secondaria, molto più piccola della principale, dal quale arriva un intenso getto d’aria. Percorrendo questa strada per qualche metro si arriva contro una franetta che impedisce la prosecuzione, ma dalla quale l’aria continua a spirare vivamente. È qui che eventuali nuove esplorazioni dovranno concentrarsi, dato l’ottimo potenziale della cavità, che inoltre si trova nella parte più alta della zona ed è allineata con una risorgenza molto importante che si trova più a valle.

Durante la notte ovviamente è scoppiato il temporale, ma in mattinata, attorno alle 11, siamo riusciti a ritagliarci un paio di ore di bel tempo per fare un giro in quota. Verso le 14, quando ha ricominciato a piovere abbiamo deciso di tornare giù al campo base, dove siamo arrivati attorno alle 18, completamente fradici.

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Il maestoso ingresso di Shpella e Kakverrit

18 Giugno: il giorno di ripartire. Sempre sotto l’acqua per tutte le 4 ore di cammino siamo tornati alla centrale idroelettrica nei pressi di Lekbibaj, dove un camioncino ci aspettava per poterci accompagnare a Fierzë. Qui abbiamo preso un battello che ci ha trasportati per 40 km nel lago Koman (liqeni i Komani), fino all’omonimo paese. Il percorso nel lago è stato uno degli spettacoli più suggestivi della campagna data l’immensa bellezza dei paesaggi che ci circondavano.
Dallo sbarco ci siamo diretti a Tirana per la notte, ed il giorno dopo ci siamo imbarcati sul traghetto per tornare i Italia.

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Splendidi paesaggi dal lago Komani
Splendidi paesaggi dal lago Komani

Alla pagina facebook del rifugio Ca’ Carnè trovate il fotoracconto di Ivano, tante immagini da vivere.

Ringraziamenti: A nome di tutti ringrazio Mundi, il nostro interprete, guida e compagno di avventura. Senza di lui probabilmente le difficoltà nella comprensione della gente del luogo sarebbero state insormontabili. Se avete intenzione di andare in Albania (e vi consiglio vivamente di farlo) non esitate a contattarlo, sarà la persona giusta (cell. 00355692695903, mail: etmond_cauli@yahoo.com).
Non per ultimo ringraziamo Martini, la nostra guida in montagna. Anche lui è sempre stato a nostra disposizione, aprendoci la sua casa e dissetandoci con la sua fantastica Raki fatta in casa. Senza di lui staremmo ancora vagando per le faggete delle Alpi Albanesi.

 

Mundi e Martini sul battello
Mundi e Martini sul battello