Il 2024 è un anno importante per il nostro gruppo. Sono esattamente dieci anni che l’attività di ricerca speleologica del Gruppo Speleologico Martinese sulle Alpi albanesi prosegue tra esplorazioni, documentazione e divulgazione speleologica.
Era il 2014, infatti, quando due soci del Gruppo si sono avventurati per la prima volta, insieme agli amici del Gruppo speleologico Faentino, all’interno della Shpella Mark, nello sperduto villaggio di Curraj I Eperm.
La scoperta, nell’agosto del 2016, della Shpella Shtares, ha convogliato in questa grotta quasi tutte le attività esplorative del GSM a partire proprio dalla spedizione Shtares 2017. Di conseguenza, anche lo sviluppo del sistema carsico si è incrementato negli anni fino a raggiungere, al momento, la soglia dei 10 km.
La Shpella Shtares è una grotta molto complessa che si apre a circa 1400 metri s.l.m., alla base della lunga e aguzza cresta calcarea del Maja e Kakisë che sovrasta la valle glaciale per circa 700/800 metri. Il suo largo imbocco in estate lascia fuoriuscire una corrente d’aria molto intensa (tra i 30 e i 40 m3/s) e gelida (circa 3°C), indicando che l’ingresso conosciuto è l’ingresso basso di un ampio sistema. Come conseguenza, le esplorazioni effettuate sono avvenute principalmente in risalita, verso gli ingressi più alti.
La cavità si sviluppa a livelli ed è caratterizzata da morfologie a tratti freatiche (gallerie piuttosto arrotondate) e a tratti vadose (pozzi e meandri). Il primo livello (o basale) è quasi completamente sub-orizzontale e si sviluppa lungo dei piani di faglia che si intersecano. Questo livello presenta alcune morfologie legate al gelo/disgelo che avviene con l’alternarsi delle stagioni. Anche i livelli superiori sono caratterizzati dall’alternarsi di morfologie freatiche e vadose, impostate su piani di faglia e fratture. Inoltre, sono presenti anche numerose frane, che spesso ostruiscono il passaggio o obbligano a continui sali scendi.
Nonostante le morfologie freatiche e vadose derivino dall’azione dell’acqua, ad oggi la grotta non presenta importanti scorrimenti. Uno dei più consistenti è quello nei pressi della Basilica, dove è stato allestito il campo interno. La presenza d’acqua è comunque limitata ad altre poche zone della grotta, come la Forra dei Ragazzi del Raganello e il meandrino scoperto nel 2024 nella zona dei Rami del Mezzogiorno. È presente anche un pozzo che dal livello basale della grotta conduce a un piccolo sifone, attualmente il punto più profondo della grotta. Inoltre, altra particolarità relativa alla Shpella Shtares è che all’esterno non si conoscono sorgenti che potrebbero essere alimentate dal bacino di drenaggio del sistema carsico.
La complessa meteorologia della Shpella Shtares
La Shpella Shtares è una grotta soggetta al cosiddetto “effetto camino”. La manifestazione di questo fenomeno sono le correnti d’aria presenti all’interno della cavità e in prossimità dell’ingresso. La ventilazione è legata alla presenza di due o più ingressi posti a quote diverse.
Nel periodo estivo il flusso di aria viene aspirato dagli ingressi alti (per ora sconosciuti e posti a circa 2100 – 2200 metri di quota) e fuoriesce dall’unico ingresso noto. In inverno, invece, la direzione del flusso d’aria si inverte, e l’aria fredda esterna viene aspirata dal basso.
Grazie al posizionamento di 10 termometri, siamo riusciti a studiare l’andamento delle temperature su un arco temporale di due anni (da agosto 2022 fino ad agosto 2024). Questi hanno permesso di osservare che in estate le temperature sono stabili tra i 3 e i 4°C. Inoltre, si è osservato che molte cavità poste in quota sul massiccio sono occluse da ghiaccio e neve, anche solo parzialmente. L’aria esterna estiva che viene aspirata nel sistema attraverso questi passaggi entra in contatto con gli accumuli ghiacciati e si raffredda a circa 0°C (dato rilevato nel 2023). L’aria divenuta molto fredda, discende verso le zone più profonde del sistema e durante il suo percorso si scalda nuovamente per via dell’abbassamento di quota, fino a raggiungere la temperature osservate.
In termini molto generali, la distanza (dall’ingresso) alla quale la temperatura dell’aria entra in equilibrio termico con la roccia dipende dalla portata del flusso d’aria. Più il flusso è intenso, più distanza sarà necessaria affinché l’aria vada in equilibrio con la roccia.
Il fatto che nella Shpella Shtares durante il periodo estivo non vi siano fluttuazioni giornaliere di temperatura, indica che l’aria e la roccia hanno pressoché la stessa temperatura e che l’aria proveniente dagli ingressi alti ha percorso un tratto sufficientemente lungo per mettersi in equilibrio termico con le pareti rocciose.
Viceversa in inverno, con la circolazione d’aria invertita, le temperature della cavità nei primi 500-600 metri scendono anche a diversi gradi sotto zero. Queste presentano marcate fluttuazioni giornaliere, connesse alla variazione della temperatura esterna nell’arco della giornata. Tali fluttuazioni sono notevoli per la distanza alla quale sono state registrate e scaturiscono indubbiamente dall’intensità del flusso d’aria della Shpella Shtares, intorno ai 30-40 m3/s, tra i più intensi documentati per una grotta.
Tale profilo climatico ha sicuramente importanti conseguenze sotto diversi aspetti. Da un punto di vista morfologico, come già accennato, l’abbassamento delle temperature porta a cicli di gelo/disgelo che erodono e modellano le morfologie delle gallerie interessate. In particolare, il livello basale è caratterizzato da “suoli poligonali” o “strutturati”. Il ghiaccio probabilmente ha contribuito anche a innescare molti dei crolli che si possono osservare nella grotta.
Infine l’intenso flusso d’aria e le rigide temperature della grotta rappresentano fattori abiotici piuttosto stringenti, che sicuramente hanno rivestito un ruolo importante nell’evoluzione della fauna troglobia e nei processi di adattamento. Il prosieguo delle indagini meteorologiche a partire dallo studio dei dati ottenuti dai monitoraggi permetterà di comprendere meglio l’interazione tra meteorologia, morfologie e biologia e potrebbe fornire importanti dettagli su come il clima della grotta risponderà agli imminenti cambiamenti climatici.
Ma dove sono gli ingressi alti?
Negli anni sono stati effettuati diversi sopralluoghi nella parte alta del massiccio, ma la complessità delle creste che sovrastano la grotta non ha permesso di raggiungere né di individuare ingressi alti direttamente collegati con la Shpella Shtares. Durante le spedizioni Shtares 2018 e Shtares 2019 è stata allestita una via di arrampicata per raggiungere e esplorare la Grotta delle Rondini (Shpella e Dallandysheve). Tuttavia questa cavità si arresta su un tappo compatto di sedimenti che non lascia passare aria. Nel 2023, il gruppo esplorativo francese Continent 8 si è unito alla spedizione del GSM con l’obiettivo di allestire un campo avanzato sulla montagna e dedicarsi alla ricerca di ingressi alti del complesso della Shpella Shtares (leggi il report completo qui). Sebbene la loro ricerca sia stata fruttuosa (sono stati infatti individuati numerosi ingressi, anche se molti tappati da ghiaccio o da frane), purtroppo non è stato possibile raggiungere l’area di interesse della Shpella Shtares. L’avvicinamento è stato impedito dalla presenza di un’enorme dolina (larga e profonda circa 200 m), il cui superamento avrebbe richiesto troppo dispendio di materiale, di energie e di tempo, fattori determinati quando ci si trova su una montagna isolata e inospitale. Pertanto, Continent 8 ha dovuto concentrare le ricerche nei campi solcati più accessibili. L’individuazione di un ingresso alto è però solo rimandata.
Shtares 2024: organizzazione logistica
Lo sviluppo noto della Shpella Shtares è caratterizzato dall’intreccio di circa 6/7 rami, con possibilità di prosecuzione in diversi punti anche molto distanti tra loro. Il tempo necessario per raggiungere le zone più remote della grotta a partire dall’ingresso, è di circa 2,5/3 ore, a cui bisogna aggiungere l’avvicinamento (3 km con un dislivello di 400 m) di un’ora e mezza. Al fine di ridurre i tempi di percorrenza, quest’anno si è potenziato l’uso del campo interno, situato come l’anno scorso poco distante dal Pozzo Ascensore e organizzato in modo da poter ospitare sei speleologi alla volta. La rotazione dei partecipanti al campo interno ha permesso di rendere più efficienti le attività e le punte esplorative.
Il primo giorno di attività è stato dedicato alla stesura di un doppino telefonico dall’ingresso fino al campo interno. Attraverso un apparato radio opportunamente configurato è stato possibile mettere in funzione due linee di comunicazioni parallele. La prima dal campo base esterno fino all’ingresso grotta e l’altra dal campo base esterno al campo interno, situato a circa 1h dall’ingresso. L’utilizzo di questa tecnologia ha permesso alle persone fuori dalla grotta di essere costantemente aggiornate sull’andamento delle esplorazioni e, in generale, ha agevolato la logistica, rendendo anche più efficiente l’organizzazione quotidiana delle squadre.
Shtares 2024: le esplorazioni
La spedizione Shtares 2023 ha lasciato molti fronti esplorativi aperti. Tra questi ci sono varie risalite lungo il Ramo Pastore (Elefante Bianco e Sand-Rock) e nelle zone del Guggenheim (Nessun Dorma e Ramo del Mezzogiorno). Durante la spedizione Shtares 2024 è stata completata la risalita sul pozzo Sand-Rock che ha concesso di percorrere uno stretto meandro per circa 80 metri, ma che stringe al punto da non permettere il passaggio. Per il momento questa via è stata lasciata in stand-by.
Nel Ramo Pastore sono state portate a termine due risalite che non conducono a nuovi ambienti ma che creano un anello. All’Elefante Bianco si è dato avvio a una risalita, che sarà continuata nella prossima spedizione. Spostandosi nelle zone del Guggenheim, la risalita del Nessun Dorma (P40) ha portato all’interno di un ampio meandro percorso da una forte corrente d’aria. I dati di temperatura rilevati nella zona iniziale del ramo, tra il 2023 e il 2024, indicavano chiaramente che si era in prossimità di un ingresso basso e con il prosieguo dell’esplorazione tale ipotesi è stata confermata. Questo grande meandro infatti, denominato La via di Oniro, si sviluppa per circa 700 metri e termina in una maestosa sala di crollo. Qui un pozzo-meandro conduce, con una verticale di circa 30 metri, all’Organo, uno dei primi ambienti che si incontra entrando in grotta.
Nei Rami del Mezzogiorno l’esplorazione è avvenuta su diversi fronti. La spedizione del 2023 si arrestò sulla scoperta di nuovi ambienti, condotte e zone di frana, dopo la risalita del P48. Durante le ricognizioni di quest’anno, si è rilevato che questi ambienti terminano contro una parete alta all’incirca 30 metri. I primi 12 metri sono stati risaliti e hanno permesso di accedere a una condotta, contornata da speleotemi generati dall’azione dell’aria (coralloidi). Questa conduce a un ambiente più grande con numerosi crolli e, infine, a un meandro stretto con un piccolo scorrimento di acqua. L’esplorazione di quest’area è ancora aperta.
In totale sono stati esplorati circa 1,8 km di nuovi rami che rendono ancora più complesso e intrecciato lo sviluppo della Shpella Shtares. Contestualmente è stato realizzato un corposo report fotografico e video dei nuovi ambienti esplorati al fine di documentare e arricchire il patrimonio d’archivio della Shpella Shtares.
L’indagine biospeleologica
Le competenze portate in questa campagna dai biospeleologi sloveni Teo Delić (Uni Ljubljana) e Aja Zamolo (Center za Kartografijo favne in flore) hanno senza dubbio rappresentato un punto di forza della spedizione, permettendo di aggiornare con interessanti novità le conoscenze sulla biodiversità della grotta. La ricerca ha riguardato l’osservazione e il prelievo di invertebrati, la fotografia con obiettivo macro e il campionamento di resti e di carcasse di chirotteri.
Oltre alle forti correnti d’aria, anche gli animali hanno contribuito a “indirizzare” le recenti esplorazioni: nel ramo del Nessun Dorma il volo di un pipistrello ha suggerito la direzione per trovare il collegamento di questo lontano fronte esplorativo con le sale iniziali della grotta. Un chiaro e fortunato segnale, così come la presenza di altri animali di superficie: falene, opilioni (Phalangidae) e coleotteri stafilinidi, che lasciava presagire la vicinanza con l’esterno.
Un’importante novità derivante dalla recente spedizione è dunque la conferma della presenza dei pipistrelli, di cui nella Shpella Shtares era stato individuato solo il guano. Un esemplare avvistato in un ampio pozzo è stato riconosciuto come Myotis myotis o M. blythii, in considerazione della struttura corporea. Dall’analisi delle carcasse rinvenute, invece, sono stati identificati il vespertilio di Blyth (Myotis blythii) e il serotino comune (Eptesicus serotinus). Nella valle all’esterno della cavità sono regolarmente presenti altri pipistrelli: si tratterebbe o del molosso di cestoni (Tadarida teniotis) o della nottola gigante (Nyctalus lasiopterus), due specie i cui ultrasuoni sono percepibili dall’orecchio umano.
Tra i coleotteri si segnala la presenza delle tre specie endemiche della grotta Kircheria dritae (Leiodidae), Anthroherpon shtarensis (Leiodidae) e Riberius stillicidii (Leiodidae). Lo sperato ritrovamento di un maschio di Orcusiella sp. sarà utile per il riconoscimento specifico di questo abitante della Shpella Shtares (segnalato la prima volta nel 2023) e per approfondire le conoscenze sul genere, descritto appena nel 2020 e conosciuto solamente per due grotte del Montenegro.
In aggiunta, la spedizione di quest’anno ha regalato alcuni incontri inediti, come un esemplare di Neotrechus sp. (probabilmente N. malissorum, endemico albanese), carabide con mandibole pronunciate, e due millepiedi (famiglia Julidae), con la particolarità che uno solo di essi era depigmentato. Sono stati individuati altri animali con questa caratteristica cromatica, come ragni (Linyphiidae), acari (Rhagididae), collemboli e oligocheti (classe Clitellata), questi ultimi con sfumature opalescenti. Un altro interessante ritrovamento è rappresentato da uno pseudoscorpione del genere Neobisium che mancava all’appello dal 2019.
Prospettive future
La fine della spedizione come ogni anno diventa occasione di confronto, di riflessioni e di valutazioni che aiutano a preparare al meglio la successiva avventura sulle Alpi albanesi. La parola “fine”, infatti, non è adatta per descrivere l’ultimo giorno di spedizione. Tra le tante idee, sogni e desideri, una lista di obiettivi per la spedizione 2025 è già stata stilata.
In primis, bisognerà concludere tutte le risalite non portate a termine, dall’Elefante Bianco alla Sala del Giglio, inseguendo la corrente d’aria verso i tanto agognati ingressi alti. Il ramo de La via di Oniro, dopo aver regalato il collegamento con le zone prossime all’ingresso, verrà scandagliato con attenzione, a partire da un grande arrivo individuato a metà della galleria. Alcune zone della grotta messe in stand-by negli anni precedenti saranno nuovamente attrezzate. Nelle condotte alte del Guggenheim verrà ripresa l’esplorazione di alcuni punti interrogativi, i quali normalmente necessitano lunghe risalite per essere raggiunti, con la speranza che grandi sorprese attendano dietro il buio di questi pozzi. L’auspicio è di individuare il giusto passaggio per accedere a un nuovo livello orizzontale.
Inoltre, la ricerca scientifica continuerà a prendere forma grazie all’aggiunta di importanti tasselli nei vari campi di indagine. La meteorologia, dopo ormai due anni di misurazioni, sta definendo in modo sempre più preciso il comportamento termico della grotta, mentre il posizionamento di un anemometro fisso aiuterà a caratterizzare meglio l’inversione di circolazione stagionale. L’aspetto geologico sarà approfondito mediante analisi mirate a comprendere la mineralogia e la petrografia di rocce, di sabbie e di una patina nera, quest’ultima presente in molte condotte. Anche la ricerca biospeleologica continuerà, con l’obiettivo di studiare sistematicamente le specie della grotta, anche in virtù della collaborazione con gli esperti sloveni.
Ringraziamenti
Shtares 2024 ha visto la partecipazione di una ventina di speleologi, provenienti da diverse parti d’Italia e dalla vicina Slovenia, che hanno condiviso la curiosità e la gioia dell’esplorazione per una quindicina di giorni (10-26 agosto). La speleologia ci ha insegnato che la conoscenza si misura in metri e qui, tra le Alpi albanesi, questa è sinonimo di fatica, sebbene fortunatamente essa si allevia grazie al calore e alla passione di chi prende parte al progetto.
Siamo convinti che i successi di una spedizione siano da ricercare sia nei risultati di quello facciamo, ma anche e soprattutto nelle persone che incontriamo, pertanto, è doveroso ringraziare la Società Speleologica Italiana, la Federazione Speleologica Pugliese e il Servizio Regionale Puglia del Soccorso Alpino e Speleologico, per il sostegno da sempre accordato, nonché la Banca di Credito Cooperativo di Locorotondo e Martina per il supporto economico e per aver creduto che al di là delle mura domestiche si possa ancora confidare nell’imponderabile.