La Grotta di Nove Casedde è la cavità con la maggiore estensione di tutto il territorio martinese e testimonia un singolare rapporto con l’uomo che qui ha lasciato troppe tracce, lungo un arco temporale di diversi millenni. Attraverso dei passaggi tratti dal nostro libro, Grotte e Voragini di Martina Franca, la rendiamo disponibile a tutti.
Storia
Il primo interessamento alla grotta risale agli inizi degli anni ’50, com’era accaduto anche per la Grotta di Pilano, su iniziativa dell’Ente per il Turismo di Martina, quando il Sindaco Motolese cercava una bella grotta che potesse svolgere una funzione di attrazione turistica per il suo territorio. Il professor Franco Anelli la visita nel 1952, ma non incoraggia un suo sfruttamento. Nel 1956 è il professor Pietro Parenzan a interessarsi alla cavità, col supporto della neo-costituita Sezione Speleologica Jonica di Vincenzo Saracino, che invece ha un punto di vista più possibilista. Questi redige una prima descrizione degli ambienti sotterranei in un volume del Bollettino della Società dei Naturalisti di Napoli. Poi, nel 1970, è la volta di Franco Orofino che pubblica un dettagliato rilievo e una puntuale descrizione della grotta. [..]
Una serie di scoperte di materiali preistorici e di iscrizioni parietali di varie epoche, fatte tra gli inizi degli anni ’80 e poi negli anni ’90, aggiunsero altri tasselli a un mosaico di reperti che ancora non può considerarsi completamente composto.
Descrizione
A grandi linee, la grotta può essere descritta come una cavità impostata su quattro grandi caverne sotterranee che si sviluppano lungo due direzioni di approfondimento, poste in senso ortogonale una con l’altra. L’accesso alla cavità inizia con un piccolo salto verticale di 5 metri che è in relazione con il crollo del settore più esile del soffitto, nell’angolo nord-orientale del complesso. Un cono detritico composto da grandi blocchi di distacco della volta e dall’accumulo di pietrame più recente, degrada ripidamente in una vasta caverna di forma ellittica. Gli accumuli detritici occupano principalmente il settore occidentale di questo salone, occludendo un ambiente cui non si è mai potuto accedere e che viene ipotizzato dalla forma dei riempimenti, dalla posizione dei crolli e dalle potenti colate di concrezioni che chiudono certe pareti. [..]
L’imponenza degli ambienti è alquanto insolita per le grotte delle Murge meridionali e la genesi della cavità, creata da un antico corso d’acqua sotterraneo, ha poi subito modificazioni importanti nel corso del tempo. Sono stati soprattutto i crolli che oltre a segnare una fase senile del carsismo locale, indicano l’aspetto dinamico dei fenomeni legati ai movimenti della crosta terrestre. In diversi punti, relitti di grandi concrezioni sono frammisti ai blocchi del suolo e molte colate calcitiche sono spezzate in fratture scomposte, oppure, in altri casi, rinsaldate da più giovani depositi chimici. [..]
I ritrovamenti
Lo Speleo Club Proteo, che pur non ha lasciato tracce scritte delle sue attività, aveva segnalato sul finire degli anni ‘60 il rinvenimento di un paio di selci di fattura musteriana sul pavimento dello snodo sotterraneo, prima dell’ingresso nel buio della grande caverna inferiore. In quel punto, un breve passaggio tra le concrezioni conduce a una vasca di acqua di stillicidio che poteva anche far supporre una relazione tra la frequentazione della grotta e il bisogno della risorsa idrica. La Grotta di Nove Casedde avrebbe visto il primo uomo presumibilmente già 10.000 anni fa.
I rinvenimenti ceramici fatti invece da Silvio Laddomada del Gruppo Speleologico Martinese sul finire degli anni ’70, sempre nella stessa area del piccolo bacino di acque, hanno invece posto la grotta sotto tutt’altra luce. Quasi nascosti sotto grandi massi, frammenti di vasi contenenti ceneri, resti carboniosi, pezzi ossei e materiale litico, come selci in ossidiana e piccole asce levigate, portarono a considerare un probabile uso votivo della cavità. L’assenza in tutta la grotta di reperti ossei animali lasciava supporre che essa non sia stata usata come dimora, ma come luogo rituale di sepolture. La fattura delle forme e la tipologia dell’impasto ceramico, secondo gli esperti, fanno risalire questi resti al periodo eneolitico, o Età del Rame (III millennio a.C.). [..]
Il Gruppo Speleologico scoprì che le superfici calcitiche delle concrezioni che contornano la modesta vasca d’acqua, sono una piccola antica biblioteca di segni che ancora sono oggetto di studio e interesse. In quella nicchia che limita la parte alta della grande caverna più profonda, agli inizi degli anni ’90, vennero alla luce alcuni graffiti che poi il Gruppo dell’Alto Salento indagò più accuratamente e pubblicò in bellissimi articoli negli anni successivi. [..] Gli studiosi che hanno analizzato i segni suppongono una datazione che si sviluppa attraverso circa due secoli dell’alto Medioevo, a partire dalla metà del 900. Sono graffiti prevalentemente in latino e qualcuno in greco, spesso in semplici forme sintattiche volgari, che mostrano un generale senso di equilibrio nell’allineamento e nel modulo delle lettere che potrebbe far pensare anche a una scrittura per delega che rivolge invocazioni a Dio [..]
Gli epiteti famulus e servus Dei, le firme Ego Leo diaconus, i nomi come V(a)sileo, gli antroponimi come Astesanus o Bisantius e i numerosi graffiti simbolici raffiguranti nella maggior parte croci semplici o più articolate dal doppio tratto o abbellite da pomelli all’estremità dei bracci, e ancora stelle a cinque punte e il simbolo protocristiano del pesce, aggiunge la Grotta di Nove Casedde al novero dei santuari medievali pugliesi in grotta. La particolarità degli ambienti sotterranei, come anche la relazione con le acque, fa supporre gli studiosi che la natura del culto possa essere ricondotta a quella più famosa realtà devozionale che si rappresenta nella Grotta di S. Michele a Monte Sant’Angelo, sul Gargano. Nove Casedde non è la sola cavità naturale delle Murge che conserva iscrizioni e graffiti: altre importanti grotte cultuali della Murgia sono le Grotte dedicate a S. Michele a Ceglie Messapica, a Santeramo in Colle e a Putignano. Realtà non molto distanti che possono a ragione ben giustificare una qualche relazione storica tra quei frequentatori e la cultura del tempo.
Ma le iscrizioni non si fermano agli aspetti votivi e un enigma forse più inquietante rimane ancora insoluto. Sotto il masso più grande della caverna terminale, i crolli hanno costruito un piccolissimo anfratto naturale che conserva un’iscrizione sulla volta e un’incisione sul fondo. La loro interpretazione non è stata ancora studiata in modo approfondito, ma lo sgraffio ha qualcosa di esoterico e il poco che s’interpreta della scritta fa riferimento a un certo Galeonus subdiaconus che il 4 junii 1525, firmandosi come inquisitores, ha avuto a che fare con questa cavità. Per certi aspetti, quello strano e insolito luogo sembra un nascondiglio e le tracce che si osservano, forse di nero fumo, forse di residui oleosi, fanno scivolare la fantasia in un periodo buio dove anche la pur minima denuncia anonima di eresia era sufficiente per trascinare qualche sventurato davanti al Tribunale dell’Inquisizione. Mancando un qualche studio più completo e considerando i limitati reperti, l’ipotesi si basa solo su una congettura fantastica, che deve fare i conti anche col dato storico che il tentativo d’introduzione dell’Inquisizione a modo di Spagna ebbe poco successo nell’Italia meridionale.
Altro non è stato ancora svelato e attende l’occhio attento di qualcuno che saprà trovare ulteriori segni e reperti che possano colmare i secoli mancanti per ampliare quello che già rende la Grotta di Nove Casedde la più interessante cavità naturale del territorio martinese.
Approfondimenti
- Tutti gli articoli che parlano della grotta di Nove Casedde
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