Le quattro grotte di Castel Pagano

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Quando entri nella Voragine di Monte Castel Pagano, prima o poi, ti accorgi che ci sono almeno quattro grotte. La prima è quella che conosci già, quella che puoi vedere e che racconti a chi non c’è mai stato, quella che hai disceso dopo il tuo corso di primo livello, quella che ti portò via un sacco di tempo, di attese, perché quando hai frequentato quel corso eravate una quindicina di disperati e quel giorno eravate una doppia dozzina tra istruttori e aiuto istruttori, quella che facemmo così tardi che un’anima pia ci lasciò sulle nostre auto una torta alle mele. Perché se hai degli amici speleo questi si prenderanno cura di te soprattutto quando esci dalle viscere della terra, garantito al limone.

alla base del P7 della Voragine di Monte Castel Pagano
Alla base del P7 della Voragine di Monte Castel Pagano

La seconda grotta è quella che racconteranno Franco e Daniela, nuovi corsisti, che domenica scorsa si sono affacciati per la prima volta in quei pozzi che ricordavi pieni di fango e sudore e fatica e risate e caldo.

armo alla Voragine di Monte Castel Pagano
L’armo del P7 della Voragine di Monte Castel Pagano

La terza, invece, è quella che hai armato tu, fianco a fianco a quella matta che guarda alle grotte come i lupi la luna. Sotto gli occhi attenti di Michele, Orlando e Donatella abbiamo calcato i passi di Franco Orofino che negli anni Sessanta assieme al Gruppo Speleologico Pugliese di Bari discese quel pozzo d’ingresso spingendosi poco più avanti, abbiamo seguito quel soffio d’aria che convinse il Gruppo Speleo di Statte a forzare le strettoie allargandole con pazienza e attitudine e poi le orme di tanti gruppi speleo, compreso il nostro, che hanno trovato nuovi rami, si sono affacciati su finestre che lasciavano immaginare una nuova prosecuzione mandando a quel paese il nichilismo geologico in quella grotta dal sapore condiviso e quel vecchio fondo fu sostituito dal nuovo che conta, oggi, diversi metri in più.

l'armo del traverso verso il vecchio fondo
L’armo del Traverso verso il Vecchio Fondo

E proprio questo, domenica, abbiamo cercato senza trovarlo, perché le grotte si rivelano solo se hanno voglia di farlo. Se hanno voglia di farsi percorrere, di farsi illuminare. Noi ci siamo fermati forse sul più bello, oltre quel traverso che taglia il pozzo da 50 e poi andando avanti fin dove la grotta stringe così tanto che a passarci ci vuole fiato e fango, il primo manca il secondo in questa grotta è in abbondanza. E poi ancora più in basso fin dove Luisana ha voluto piazzare un fix al contrario, per mancanza di perni perché Roberto ha dimenticato di metterli nel sacco d’armo, in uno spit piantato da qualcun altro. Piastrina dopo piastrina siamo arrivati sul fondo, uno dei tanti, perché questa grotta nasconde la fine.

la via del vecchio fondo
la via verso il Vecchio Fondo

La quarta e ultima grotta è quella che ancora non conosce nessuno e resta la più affascinante di tutte. Quella che un tempo stregò Francesco Convertini un vecchio socio del gruppo al quale fu dedicata. Quella che fa ombra a sé stessa e quella che ancora mantiene memoria di se e a noi è ancora sconosciuta. Quella che aspetta una nuova frontiera perché prima di andare sul fondo, gli speleo, come le cose del mondo, vengono a galla due volte, poi ancora una volta prima di toccare il fondo finora conosciuto, basta lasciarli liberi.