Sopralluogo sul Kurvelesh

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Nell’ultima settimana di maggio alcuni componenti del Gruppo Speleologico Martinese sono partiti alla volta del sud dell’Albania su invito del Prof. Genuario Belmonte, docente di Zoologia dell’Università del Salento, nonché naturalista appassionato con una lunga esperienza di viaggi e ricerche in Albania.
L’obiettivo era esplorare una voragine da lui individuata anni fa durante una perlustrazione sull’altopiano carsico del Kurvelesh, mentre era alla ricerca di stagni artificiali utili ai suoi studi di ecologia. Abbiamo accettato l’invito con entusiasmo e colto l’occasione per effettuare una rapida ricognizione di alcuni luoghi lontani dalla zona di esplorazione in cui è attualmente impegnato il GSM, situata a nord del Paese (leggi qui per approfondire). 

L’alba dietro l’isola di Sazan durante la traversata del Canale d’Otranto

23 maggio: Canyon di Holtas

Prima di recarci sul Kurvelesh per avviare le attività con il Professore, siamo tornati presso il canyon di Holtas, che ospita la Shpella Avulit, con l’intenzione di cercare ingressi bassi della cavità. Un anno fa infatti, durante la Spedizione scientifica Avulit 2023, il volo dei pipistrelli che abitano la parte profonda della grotta, e che nelle sere primaverili svolazzano dentro e fuori, ci ha suggerito la possibilità che ci fosse un accesso diretto al canyon.

Un’intensa pioggia pomeridiana ha però modificato i nostri piani, costringendoci ad una pausa imprevista; ci siamo quindi limitati a una rapida immersione nelle tiepide sorgenti termali del canyon. Lungo il suo alveo infatti sono presenti alcune polle biancastre che permettono all’ acqua sulfurea presente al fondo dell’Avulit di venire a giorno.                 

Risorgenza sulfurea nel Canyon di Holtas in corrispondenza di una frattura

Passato il temporale, siamo tornati all’ingresso di Shpella Avulit per godere ancora una volta del fascino di questo profondo antro (P40). La vista di un bel tramonto ci ha accompagnati al rientro verso la guesthouse della famiglia di Nardi, dove abbiamo fatto tappa per la notte.

Paesaggio nei dintorni dell’ingresso di Shpella Avulit

24 maggio: Shpella Kabashit

Il secondo giorno abbiamo visitato la vicina Shpella Kabashit, posta a circa 300 m sul livello del canyon, raggiungibile percorrendo un sentiero (piuttosto impegnativo considerando la natura turistica della grotta), che si snoda tra falde detritiche e una folta vegetazione.  

Tratto ripido del sentiero che conduce a Shpella Kabashit

A Kabashit siamo tornati dopo averne già apprezzato la maestosità degli ambienti e le magnifiche formazioni calcaree durante CAVES. Per percorrere le due grandi sale iniziali si segue un abbozzo di sentiero, a tratti scivoloso, tra blocchi di frana, stalagmiti e grandi colonne colorate di tonalità dal giallo al rosso. Sul fondo della seconda sala, una corda ancorata su stalagmiti permette di accedere ad altri ambienti, anch’essi ricchi di speleotemi. Tra questi una formazione su parete che ricorda un organo a canne e una fantastica colata bianca di calcite cristallina, purtroppo in parte deturpata da alcune scritte. 

Usciti dalla grotta abbiamo intrapreso il viaggio per Lekdush, località situata ai piedi del Kurvelesh, dove abbiamo incontrato il Prof. Belmonte e la sua comitiva per la cena.

25 maggio: Shpella Korbi

Il laghetto artificiale situato sul fondo di una dolina sulll’altopiano carsico del Kurvelesh

Il mattino seguente siamo partiti per raggiungere la voragine segnalata dal Prof. Belmonte. I primi 200 metri di dislivello li abbiamo superati percorrendo una strada completamente sconnessa (che senza le 4 ruote motrici sarebbe stato assai ostico da percorrere). Parcheggiate le auto a 1180 m slm, un pastore si è gentilmente offerto di guidarci verso la grotta. Abbiamo quindi proseguito a piedi per circa 2 km, passando accanto ad uno dei laghetti cari al Professore, fino a raggiungere l’imponente buco carsico a 1350 m slm, che si apre sul lato di una delle tante doline di cui è costellato il Kurvelesh. Durante l’avvicinamento ci siamo imbattuti in qualche frammento di artiglieria risalente al periodo della guerra italo-greca dei primi anni ’40.

I numerosi gracchi alpini presenti nei pressi della grave

Ad accoglierci in prossimità del grande imbocco c’era una colonia stanziale di gracchi alpini (Pyrrhocorax graculus), che volteggiando chiassosi a turno si tuffavano nella grava chiudendo le ali, in picchiata. Il frastuono dei loro versi e del battito delle ali riecheggiavano nel vuoto del pozzo (P60) dandoci un’idea delle notevoli dimensioni.

L’imbocco della profonda voragine all’interno dei calcari stratificati

Le pareti del P60, in gran parte coperte da muschi e ben stratificate, “scaricavano”, di conseguenza la parete è stata attrezzata con la dovuta cautela per rendere la discesa sicura. La presenza di alcuni spit ha confermato l’ipotesi iniziale che la grotta fosse già stata esplorata. Sul fondo della grave il cono detritico era coperto da materia organica (dal forte odore di guano), e su di esso si potevano scorgere teschi e ossa di ovini. Lungo le  pareti era presente un velo d’acqua, assorbita dal substrato organico posto alla base. La temperatura dell’aria misurata era di circa 10 gradi. Due ambienti adiacenti al pozzo e posti lungo la direzione della faglia principale, entrambi sormontati da camini di una ventina di metri, chiudevano alla base tappati dal fango, sancendo di fatto la fine dell’esplorazione. Dopo un’ attenta osservazione degli speleotemi presenti, ci siamo dedicati alla documentazione fotografica della cavità e al campionamento di resti biologici (penne utili al sessaggio dei volatili e resti organici per analisi microbiologiche) e di alcuni invertebrati, tra cui due coleotteri trechini. Questi ultimi sono stati identificati come un maschio e una femmina di Duvalius sp. (probabilmente D. didonnai); il loro DNA verrà estratto nei laboratori dell’Università di Lubiana, nell’ambito di studi filogenetici utili alla comprensione dei meccanismi di speciazione di questi insetti in relazione alla storia geologica dei Balcani.

La squadra rimasta all’esterno ha esplorato i dintorni della dolina, calandosi in un pozzetto di circa 10 metri, dove è stata rinvenuta una bomba aerea inesplosa. Finite le operazioni, siamo scesi presso il camping che ci ospitava a Lekdush.

Bomba inesplosa risalente al periodo della guerra italo-greca

26 maggio: Risorgenza Shpella Mama e Ujit

Il giorno successivo abbiamo visitato Shpella Mama e Ujit, una risorgenza attiva che si apre a 1160 m slm, già esplorata e rilevata nell’agosto del 1994 dal Gruppo Puglia Grotte insieme al Gruppo Speleologico Dauno.
La grotta si sviluppa in orizzontale (circa 620 m totali), su due livelli. All’interno si segue un fiumiciattolo che ha creato il vuoto nell’interstrato, con il contributo di modesti arrivi secondari trasversali alla galleria principale. Questa termina con un sifone, mentre i restanti rami restringono fino a rendere difficoltosa la progressione; il livello basso, più asciutto, si riempie in risposta all’aumento del regime idrico. Molto caratteristiche sono le morfologie freatiche presenti, con sezioni trasversali ellittiche e scallops sulle pareti. Interessanti anche gli strati di selce nera, conservati in lastroni talvolta sospesi orizzontalmente a mo’ di ponte nel mezzo delle gallerie. 

Shpella Mama e Ujit. Galleria in cui l’acqua scorre al di sotto degli strati silicei sospesi

Nel pomeriggio siamo andati alla ricerca della Sterra e Shankoll, una cavità a sviluppo verticale della profondità di circa 100 m; tuttavia la georeferenziazione dell’ingresso riportata nelle pubblicazioni a nostra disposizione non corrispondeva con l’effettiva presenza della grotta. In tutta l’area perlustrata emergevano, intercalati nei calcari, noduli di selce dalle varie colorazioni e dimensioni, esposti in superficie in virtù della maggior resistenza alla dissoluzione.

Il Paesaggio carsico del Kurvelesh

27, 28 e 29 maggio: Canyon di Nivica, Canyon di Ozumit, Dalan i Vogël.

L’indomani abbiamo visitato il Canyon di Nivica, godendo dello spettacolo delle cascate, poi ci siamo imbattuti nell’Albania più autentica, percorrendo (ahinoi) 40 km di strada sterrata con pendenze a tratti notevoli, per raggiungere la città di Çorovoda.
Qui il giorno successivo abbiamo svolto un trekking sulle sponde del Canyon di Ozumit. La giornata è stata arricchita da un colorito incontro con una coppia di contadini locali che ci hanno offerto raki e dolcetti tipici.
Prima di imbarcarci da Valona abbiamo fatto un’ultima tappa sul litorale di Dalan i Vogël. Qui le arenarie stratificate emergono inclinate dal Mar Adriatico di fronte al Karaburun, il promontorio incontaminato dove il GSM mosse i primi passi in Albania nel 1993. 

Il signor Çimi che ci ha ospitato nel villaggio di Grepckë

Ringraziamo il Professor Belmonte per l’invito e i momenti di convivialità condivisi. Questo viaggio ha arricchito la nostra esperienza speleologica e ci ha permesso di scoprire nuove meraviglie naturali di questa affascinante Regione.
Mirupafshim Shqipëri!

L’incontro con il gruppo del Professore Belmonte presso il camping a Lekdush

Hanno partecipato:

Pasquale Calella, Michele Marraffa, Andrea Seviroli (GSM), Francesco De Salve (GSLN), Valeria Cazzetta (GST), Anna Dalla Benetta.

BIBLIOGRAFIA:

  • Bruno G., Didonna F., Fusilli C., Savino G., Sgobba D., Kurvelesh ’94 … ed e ancora Albania, in «Speleologia», anno XVI, n. 32, Milano marzo 1995, pp. 41-49
  • Savino G. “Kurvelesh ’94: alcuni aspetti di una spedizione speleologica in Albania” in “Progetto Albania, due anni di spedizioni”. Bollettino del Gruppo Puglia Grotte, 1995