Abyssus abyssum invocat

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La speleologia è stata inventata per addomesticare gli abissi dentro di noi e gli speleologi vanno in grotta per addomesticare, il tartaros, l’abisso che ogni essere umano custodisce nella sua profondità.

Fortunatamente, gli antichi greci avevano scoperto l’importanza di domare questo abisso.

La “Paideia”, la pedagogia, fin dalla notte dei tempi è l’arte d’educare i bambini, di renderli non dei mostri ma degli esseri umani. In altre parole, avevano scoperto che le persone se non seguivano il cammino dei loro predecessori avevano la tendenza a diventare dei mostri terrificanti. La creatura che interpretava questa visione era la Chimera, una specie di capra che sputava fuoco figlia di una madre mostruosa, Echidna, e di un padre mostruoso, Tartaro, dio degli abissi. Questa strana genealogia spiega il perché, come s’è detto, dentro di noi abbiamo il “tartaros”, l’abisso. E se non prendiamo provvedimenti necessari per chiudere il Tartaro, ovvero gli abissi dentro di noi, il nostro bisavolo mostruoso torna di nuovo in superficie e noi diventiamo gli ultimi uomini, dei mostri, singolari, non riproducibili.
Così sono nati i maestri, gli psicologi e gli speleo.

Esercitazione d’armo – Grave di Palesi (foto di Fabio Semeraro 2018)

La speleologia ci ha insegnato ad auscultare la terra, a capire i borbottii del profondo, dell’aria, dell’acqua, a riconoscere che dio non abita solo in superficie ma che madre terra è un qualcosa che pulsa, che vive sotto. Questa visione tellurica della terra è qualcosa che travalica la cristianità è qualcosa di pagano, di profondo, di legato alle Sibille che non a caso vivevano nelle grotte e qui divinavano.

Come vivevano nelle grotte i primi monaci come lo stesso Benedetto ma, ancora prima, quelli che praticavano l’ascesi, dal greco áskēsis, allenamento, vale dire, si allenavano per il superamento di una prova: ottenere il distaccamento dal mondo terreno mediante l’abnegazione della superficialità e l’esercizio delle virtù.

E proprio in grotta il silenzio del profondo diventa sentinella del frastuono della superficie e di quello contenuto nelle anime irrequiete di chi frequenta quei luoghi.

Quello dei gruppi speleologici resta “un disordine democratico” per dirla alla Paolo Rumiz, qui paradossalmente non esiste una gerarchia verticale, non è il mondo della chiesa, dei militari è un mondo che si alimenta di se stesso e dei luoghi che frequenta e abita.

Ecco perché  è difficile trovare una figura, uno speleo che  possa riassumere che cosa è la speleologia. Ognuno è completamente diverso dall’altro e ciascuno vive la religiosità a modo proprio, ognuno cerca in questi giorni, tremendi giorni, di ricordarsi come si tiene a banda il tartaros. L’abisso.